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Newsletter n. 6 del 3 luglio 2024

Sommario

Corte di giustizia dell’Unione europea: l’esercizio dell’ex-Ilva va sospeso se dannoso per salute e ambiente

Il 25 giugno 2024 è stata pubblicata la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea sulla questione pregiudiziale riguardante l’ex Ilva di Taranto (Causa C-626/22), in particolare in relazione ai c.d. decreti salva Ilva, una serie di norme speciali adottate dall’Italia per assicurare la continuità delle attività industriali della tristemente nota acciaieria tarantina.

La vicenda trae origine dalla domanda di pronuncia pregiudiziale formulata alla Corte di giustizia dal Tribunale di Milano ai sensi dell’art. 267 TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), al fine di ottenere chiarimenti in relazione alla coerenza dei decreti salva Ilva con la disciplina comunitaria, in particolare con la direttiva 2010/75/UE sulle emissioni industriali (c.d. IED, Industrial Emissions Directive). Tale direttiva, recepita dall’Italia con il d.lgs. n. 152/2006 (“Norme in materia ambientale”, c.d. Testo unico ambiente), è mirata alla riduzione delle emissioni industriali nocive in tutta l’UE attraverso l’applicazione delle migliori tecniche disponibili (best available techniques, BAT).

Il giudizio alla base del rinvio da parte del Tribunale di Milano – sospeso in attesa della pronuncia della Corte di giustizia – ha ad oggetto la prima class action italiana contro l’ex Ilva, un’azione collettiva promossa dai ricorrenti per la protezione dei diritti omogenei di circa 300.000 residenti del comune di Taranto e dei comuni limitrofi, al fine di ottenere un’inibitoria dell’esercizio dell’impianto o almeno di alcune sue parti, al fine di tutelare il diritto alla salute, il diritto alla serenità e alla tranquillità nello svolgimento della loro vita e il diritto al clima. A loro avviso, tali diritti sono significativamente lesi dall’attività produttiva dell’acciaieria, fortemente inquinante e dunque altamente dannosa per la salute umana.

Nell’ambito di tale procedimento, il giudice italiano ha ritenuto necessario sospendere il giudizio, rinviando, con ordinanza del 16 settembre 2022, la questione alla Corte di giustizia. In particolare, il Tribunale di Milano formulava tre quesiti relativi all’interpretazione della direttiva 2010/75/UE sulle emissioni industriali.

La Corte di Lussemburgo ha replicato fornendo un’interpretazione estensiva della direttiva, diversa da quella fatta propria dal Governo italiano, sostenendo che essa:

– “deve essere interpretata nel senso che gli Stati membri sono tenuti a prevedere che una previa valutazione degli impatti dell’attività dell’installazione interessata tanto sull’ambiente quanto sulla salute umana costituisca atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame di un’autorizzazione all’esercizio di una tale installazione ai sensi di detta direttiva”;

– “deve essere interpretata nel senso che, ai fini del rilascio o del riesame di un’autorizzazione all’esercizio di un’installazione ai sensi di tale direttiva, l’autorità competente deve considerare, oltre alle sostanze inquinanti prevedibili tenuto conto della natura e della tipologia dell’attività industriale di cui trattasi, tutte quelle oggetto di emissioni scientificamente note come nocive che possono essere emesse dall’installazione interessata, comprese quelle generate da tale attività che non siano state valutate nel procedimento di autorizzazione iniziale di tale installazione”;

– “deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale ai sensi della quale il termine concesso al gestore di un’installazione per conformarsi alle misure di protezione dell’ambiente e della salute umana previste dall’autorizzazione all’esercizio di tale installazione è stato oggetto di ripetute proroghe, sebbene siano stati individuati pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana,” affermando che, “[q]ualora l’attività dell’installazione interessata presenti tali pericoli, l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, di detta direttiva esige, in ogni caso, che l’esercizio di tale installazione sia sospeso”.

Dunque, spetterà al Tribunale di Milano valutare se l’impianto siderurgico dell’ex Ilva si dimostra pericoloso per la salute. Nel caso di risposta affermativa, l’attività dell’acciaieria potrà essere sospesa.

Corte di cassazione: il diritto alla bigenitorialità può essere violato in caso di trasferimento dei figli lontano dal padre

Con ordinanza n. 12282/2024, la Corte di cassazione si è pronunciata su un caso riguardante la richiesta di una donna (presentata in pendenza di un procedimento di divorzio), genitore collocatario, di trasferirsi unitamente ai figli in un comune situato a diversi chilometri di distanza dalla residenza paterna.

In particolare, la vicenda originava dal ricorso ex art. 709 ter presentato dalla signora L. al Tribunale di Napoli al fine di ottenere l’autorizzazione a trasferirsi, unitamente ai tre figli minori, in Pordenone (a 850 km circa da Napoli, comune di residenza del padre), assumendo di avere ricevuto un’offerta di lavoro da parte di una struttura polispecialistica privata.

Il Tribunale di Napoli, senza modificare il regime di affido condiviso e senza alcuna istruttoria, accoglieva la richiesta di trasferimento in Pordenone sulla base dell’asserita offerta di lavoro. Tale decisione veniva confermata dalla Corte di Appello in sede di reclamo.

Con ricorso in Cassazione, il sig. T. lamentava la mancata considerazione, da parte del Giudice di merito, degli elementi stigmatizzati dallo stesso per opporsi al trasferimento dei figli, nonché la mancanza di un’adeguata motivazione sul punto. Il Giudice di merito dichiarava di essere pervenuto all’impugnata decisione tenendo esclusivamente in considerazione le inequivoche volontà espresse dai minori, intese come favorevoli al trasferimento.

La Cassazione, apparentemente discostandosi da alcuni suoi precedenti (si veda ad es. Cass. 13619 del 4 giugno 2010 secondo cui ai fini del nulla-osta al trasferimento è sufficiente dimostrare di avere trovato un posto di lavoro nel luogo di arrivo, oppure Cass. 11062 del 19 maggio 2011, secondo cui il trasferimento del genitore collocatario nel paese di origine può essere giustificato dalla circostanza per cui ivi egli potrà godere del sostegno della propria famiglia), nell’accogliere il ricorso del padre, statuiva il principio per cui “Il trasferimento dei figli in località distante parecchi chilometri da quella di residenza del padre, se di ostacolo alla frequentazione del genitore coi figli nonostante al primo sia stata riconosciuta la “facoltà di vederli e tenerli quando desidera”, può essere lesivo del diritto alla bigenitorialità”.

Corte di cassazione: nessun automatismo nell’aumento dell’assegno divorzile a seguito della revoca dell’assegnazione della casa familiare

Con ordinanza n. 16462 pubblicata il 13 giugno 2024, la Corte di cassazione si è nuovamente pronunciata in materia di rivalutazione dell’assegno divorzile a seguito della revoca dell’assegnazione della casa familiare.

La Corte, con l’ordinanza n. 7691/2024 del 25 marzo 2024, aveva affermato che la revoca dell’assegnazione della casa familiare può comportare l’aumento dell’assegno divorzile (Newsletter n. 4 del 26 aprile 2024). Con l’ordinanza qui in commento ha aggiunto che tale aumento non può essere soggetto ad alcun automatismo.

La vicenda traeva origine dal ricorso proposto dall’ex marito avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Venezia aveva disposto l’aumento dell’assegno divorzile dovuto dal ricorrente all’ex moglie successivamente alla revoca del diritto di abitazione alla stessa nella casa familiare. Tale aumento era motivato dalla sopravvenuta stipula del contratto di locazione per un’altra abitazione, conseguenza diretta del provvedimento di revoca di assegnazione della casa.

La Corte di cassazione, con l’ordinanza in parola, ha accolto il ricorso e ha cassato con rinvio la sentenza della Corte di Appello di Venezia, affermando che “[l]a revoca dell’assegnazione della casa familiare al coniuge beneficiario dell’assegno divorzile non giustifica l’automatico aumento di tale assegno, trattandosi di un provvedimento che ha come esclusivo presupposto l’accertamento del venir meno dell’interesse dei figli alla conservazione dell’habitat domestico, in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell’autosufficienza economica, o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario.”

Questa pronuncia segna un’evoluzione rispetto alla giurisprudenza precedente (cfr. Cass. Civ., Sez. I, ord. n. 25599/2022; Cass. Civ., Sez. I, ord. n. 10071/2021), che riteneva la revoca dell’assegnazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell’altro ex coniuge una sopravvenienza sempre valutabile ai fini della revisione delle condizioni di divorzio. Nel corso di tale valutazione, invero, non va attribuito rilievo preponderante ad un singolo elemento, quale l’esigenza abitativa, tale da poter determinare un meccanico incremento della contribuzione a carico dell’ex coniuge obbligato. Al contrario, precisa la Corte, è necessario che le condizioni economiche delle parti vengano valutate complessivamente, bilanciando in modo equo le esigenze abitative e le condizioni economiche complessive.

L’approccio adottato dalla Cassazione richiede ai giudici un’analisi attenta e puntuale delle circostanze rilevanti ai fini della quantificazione dell’assegno divorzile, da svolgere caso per caso, evitando automatismi di qualunque tipo.

Si segnala il Webinar “EU Artificial Intelligence Act: luci e ombre in una prospettiva costituzionale”

Il Regolamento dell’Unione europea sull’intelligenza artificiale (EU Artificial Intelligence Act),  proposto dalla Commissione europea il 21 aprile 2021, ha ricevuto il voto positivo del Parlamento europeo il 13 marzo 2024 e l’approvazione da parte del Consiglio dell’Unione europea il 21 maggio 2024. Si tratta del primo esempio a livello mondiale di regolamentazione comprensiva dello sviluppo e dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

In ragione della fondamentale importanza di tale documento, l’Ordine degli Avvocati di Brescia, in collaborazione con l’Unione forense per la tutela dei diritti umani e con l’Associazione Forense FronteVerso, organizza il webinar “EU Artificial Intelligence Act: luci e ombre in una prospettiva costituzionale”, che si terrà lunedì 15 luglio dalle ore 14.00 alle 18.00.

I saluti istituzionali verranno rivolti dall’Avv. Giovanni Rocchi, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Brescia. Successivamente, l’Avv. Prof. Anton Giulio Lana, Presidente dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani, e l’Avv. Ileana Alesso, Presidente di FronteVerso, si occuperanno dell’introduzione. L’evento sarò moderato dall’Avv. Paola Regina, referente dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani, Sezione Lombardia.

Il Prof. Oreste Pollicino, Professore Ordinario di Diritto Costituzionale e di Diritto dei Media  presso l’Università Bocconi di Milano, terrà un a lectio magistralis sull’argomento.

Per partecipare è necessaria l’iscrizione tramite la piattaforma Sfera. Per eventuali ulteriori informazioni: info@unionedirittiumani.it – tel. 068412940.

La locandina dell’evento può essere scaricata al seguente link.

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