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Newsletter n. 4 del 14 giugno 2021

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Sommario

  • La Corte di Strasburgo condanna l'Italia per per stereotipi sessisti e vittimizzazione secondaria della donna nei processi per violenza sessuale
  • La CEDU condanna l’Italia per la mancata imparzialità di un collegio arbitrale in una controversia commerciale
  • T.A.R. Lazio: il Ministero della Salute condannato a concludere il procedimento transattivo
  • In arrivo il c.d. green pass per facilitare gli spostamenti ed il turismo in Europa
  • Assegno divorzile al coniuge che ha rinunciato alla carriera per occuparsi dei figli
  • Corso di specializzazione in “Diritti umani e protezione internazionale”

LA CORTE DI STRASBURGO CONDANNA L’ITALIA PER STEREOTIPI SESSISTI E VITTIMIZZAZIONE SECONDARIA DELLA DONNA NEI PROCESSI PER VIOLENZA SESSUALE

Con un’importante sentenza resa lo scorso 27 maggio nel caso J.L. c. Italia, la Corte europea dei diritti umani ha accertato la violazione dell’art. 8 CEDU (che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare), poiché la sentenza della Corte di Appello di Firenze in un processo per stupro aveva stigmatizzato la vittima attraverso giudizi deplorevoli, non lineari e comunque irrilevanti sulla sua vita privata.

Il caso riguardava un procedimento penale contro sette uomini che erano stati accusati di aver commesso violenze sessuali contro la ricorrente e che sono stati assolti dai tribunali italiani (episodio definito dalla stampa italiana come lo “stupro della Fortezza da Basso”).

La Corte di Strasburgo, nel pronunciarsi sul ricorso, ha stabilito che i diritti e gli interessi della ricorrente ai sensi dell’art. 8 CEDU non fossero stati adeguatamente protetti alla luce del contenuto della sentenza della Corte d’Appello di Firenze. Le autorità nazionali non hanno protetto la ricorrente dalla vittimizzazione secondaria durante il procedimento, di cui la redazione della sentenza è parte integrante della massima importanza, soprattutto in considerazione del suo carattere pubblico.

In particolare, i giudici europei hanno ritenuto arbitrari e del tutto ingiustificati i commenti riguardanti la bisessualità della ricorrente, le sue relazioni romantiche e le relazioni sessuali occasionali prima degli eventi che sono emersi in corso di dibattimento, talvolta senza alcun rapporto con i fatti.

In altre parole, secondo la Corte europea non è tollerabile che la situazione personale della ricorrente, le sue relazioni sentimentali, il suo orientamento sessuale e finanche la sua scelta dell’abbigliamento, così come lo scopo delle sue attività artistiche e culturali, potessero essere rilevanti per la valutazione della sua credibilità e della responsabilità penale degli imputati. Se ne conclude che le suddette violazioni della privacy e dell’immagine della ricorrente non erano giustificate dalla necessità di salvaguardare i diritti di difesa degli imputati.

Ma vi è di più: nella sentenza di Strasburgo si legge a chiare lettere che il linguaggio e le argomentazioni utilizzate dalla Corte d’Appello di Firenze sono il frutto di pregiudizi sul ruolo della donna che esistono nella società italiana e che rischiano di non proteggere in maniera effettiva dei diritti delle vittime di violenza di genere, nonostante il quadro legislativo interno sia teoricamente soddisfacente.

LA CEDU CONDANNA L’ITALIA PER LA MANCATA IMPARZIALITÀ DI UN COLLEGIO ARBITRALE IN UNA CONTROVERSIA COMMERCIALE

La Corte EDU, nella sentenza BEG S.P.A. c. Italia del 20 maggio 2021, interviene sulla delicata questione dell’imparzialità dell’organo giudicante, quale cardine primario del giusto processo.

Lo fa in materia arbitrale, dunque nell’ambito della giustizia cognitiva privata, laddove cioè la terzietà del giudicante rivela profili di vulnerabilità proprio a causa del peculiare ruolo dell’arbitro: non munito della garanzia “istituzionale” derivante dall’appartenenza all’Ordinamento giudiziario, ma investito di un munus di natura negoziale che acquisisce il carattere di terzietà nei limiti del mandato ricevuto dalle parti.

Nel caso in esame, patrocinato dallo Studio legale Lana Lagostena Bassi Rosi, uno dei componenti del Collegio arbitrale aveva in precedenza rivestito il ruolo di consigliere di amministrazione ENEL (in una società derivata da una delle parti in giudizio).

Lo stesso aveva coerentemente omesso di fornire la richiesta disclosure di assenza di legami con ciascuna delle parti in contesa all’atto dell’investitura del Collegio, in seno al quale era stato nominato arbitro proprio dalla parte coinvolta dal conflitto di interessi dovuto ai trascorsi quale consigliere di amministrazione di una società ad essa collegata (ENELPOWER).

Quanto ai rimedi interni, l’istanza di ricusazione aveva sortito insuccesso, avendo la Cassazione rilevato che il legame non essendo “attuale”, non comportava alcuna immanente coincidenza di interessi ad una determinata soluzione della causa.

I giudici di Strasburgo, al contrario, specificano che il giusto processo di cui all’art. 6 CEDU (le cui guarentigie investono anche le procedure arbitrali), stante non può prescindere da un attento esame sulla “indipendenza” dell’organo giudicante, tanto che si tratti di giudice “togato” quanto di collegio arbitrale, sì da garantirne l’imparzialità da verificare in termini “soggettivi”, vale a dire indagando se ciascun membro del collegio sia anche solo potenzialmente immune da “outside pressures”, ed anche in termini oggettivi, assicurandosi cioè “se la corte offra, in particolare attraverso la sua composizione, garanzie sufficienti tali da escludere ogni legittimo dubbio sulla sua imparzialità”.

Ed è proprio sotto l’aspetto “oggettivo” che la Corte EDU ha ravvisato il vulnus di imparzialità del Collegio arbitrale, attesi i trascorsi professionali dell’arbitro incontestabilmente legati ad una delle parti in contesa.

T.A.R. LAZIO: IL MINISTERO DELLA SALUTE CONDANNATO A CONCLUDERE IL PROCEDIMENTO TRANSATTIVO

Con ricorso introdotto nel novembre 2020 lo Studio Lana Lagostena Bassi Rosi ha agito dinanzi al TAR – Lazio, avverso il silenzio della pubblica amministrazione.

In particolare, dopo la domanda di adesione ad una procedura transattiva per danni subiti dai ricorrenti a seguito di emotrasfusioni, il Ministero della Salute tardava nella valutazione delle domande di adesione alla transazione stessa presentate anni prima.

Il Tribunale ha riconosciuto la sussistenza della necessità di provvedere espressamente sull’istanza dei ricorrenti, avendo il Ministero della Salute con la sua inerzia violato i termini di conclusione del procedimento amministrativo previsti all’articolo 2 della legge n. 241/1990.

Nella sentenza n. 5762/2021 si dispone dunque che la Pubblica Amministrazione dovrà procedere nel termine di 90 giorni dalla notifica della sentenza, che finalmente ha riconosciuto il diritto dei ricorrenti a veder concluso un iter procedimentale, che andava avanti da anni.

IN ARRIVO IL C.D. GREEN PASS PER FACILITARE GLI SPOSTAMENTI ED IL TURISMO IN EUROPA

È stato approvato il certificato covid digitale. Gli Stati membri accetteranno i certificati comprovanti vaccinazione o il risultato negativo del test o guarigione dal COVID. Lo scopo è facilitare la libera circolazione e contribuire all’eliminazione graduale e coordinata delle restrizioni, quali ad esempio l’obbligo di quarantena nel momento in cui si entra in un paese diverso dal proprio, pur rimanendo all’interno dello spazio europeo.

I provvedimenti dovrebbero applicarsi dal 1° luglio 2021 e rimanere in vigore per 12 mesi.

Il certificato verrà rilasciato gratuitamente dalle autorità nazionali e sarà disponibile in formato digitale o cartaceo con un codice QR.

La certificazione attesterà che una persona è stata vaccinata contro il coronavirus o ha effettuato un test recente con esito negativo o è guarita dall’infezione.

ASSEGNO DIVORZILE AL CONIUGE CHE HA RINUNCIATO ALLA CARRIERA PER OCCUPARSI DEI FIGLI

Con sentenza n. 13734/2021, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso proposto da un marito, il quale contestava l’obbligo a suo carico di corrispondere all’ex moglie l’assegno divorzile.

La Corte ha ribadito quanto già espresso nelle sezioni unite n. 18287/2018. All’assegno di divorzio deve, infatti, attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa.

Ai fini del riconoscimento dell’assegno si deve adottare un criterio che, alla luce della valutazione delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto. Il parametro così indicato si fonda sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo. Il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell’unione matrimoniale. Nel caso in esame, è stata ritenuta necessaria la previsione di una compensazione alla ex moglie, la quale in costanza di matrimonio ha sacrificato le proprie aspirazioni professionali per la famiglia e la cura del figlio, gravemente malato.

CORSO DI SPECIALIZZAZIONE IN “DIRITTI UMANI E PROTEZIONE INTERNAZIONALE”

È in corso ogni venerdì il Corso di specializzazione su “Diritti umani e protezione internazionale” organizzato dall’Unione forense per la tutela dei diritti umani. Tale nuova attività formativa si propone di offrire una descrizione approfondita dei principali strumenti internazionali di tutela dei diritti umani, allo scopo di stimolare negli operatori giuridici, e particolarmente nella classe forense, l’attenzione per i temi del riconoscimento internazionale dei diritti e delle libertà fondamentali e dell’operatività di una serie di meccanismi azionabili per la loro protezione sul piano interno ed internazionale. Il corso intende inoltre offrire una illustrazione approfondita della normativa interna, europea e convenzionale volta alla protezione del richiedente asilo, nonché delle tutele giurisdizionali previste in materia sia dinanzi agli organi amministrativi e giurisdizionali interni che europei e convenzionali.

Per realizzare questo obiettivo viene utilizzato un approccio pragmatico, privilegiando gli aspetti attinenti alle modalità di funzionamento degli strumenti nazionali e degli organismi internazionali preposti al controllo sull’attuazione delle norme interne.

Il corso si articola in una serie di dodici incontri della durata di tre ore ciascuno, da tenersi mediante piattaforma GoToWebinar il venerdì dalle ore 15:00 alle ore 18:00 a partire dal 9 aprile al 25 giugno 2021.

Il corso ha ricevuto il patrocinio del Consiglio Nazionale Forense, dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e del Consiglio d’Europa – Ufficio di Venezia.

Al termine del corso, il CNF rilascerà n. 20 crediti formativi per la formazione professionale degli avvocati che hanno seguito l’intero corso; verrà, inoltre, rilasciato un attestato di partecipazione a tutti i partecipanti.

Potete trovare maggiori info e il programma del corso sul sito dell’associazione.